Sunday, 29 June 2025

Cos'hanno in comune J. Grinberg, D. Bohm e C.G. Jung ?

Per J. Grinberg (neurofisiologo messicano), l'universo è un campo unificato di informazione ed energia, un "oloflux" o "matrice pre-spaziale" organizzata secondo diversi livelli di sintergia. Alla luce della sua Teoria Sintérgica, J. Grinberg aveva interpretato gli "apporti" e le "materializzazioni" non come fenomeni soprannaturali, ma come manifestazioni estreme della capacità della coscienza di interagire e plasmare la matrice fondamentale della realtà.



La coscienza umana, attraverso il campo neuronale che crea, ha la capacità di "modulare" o "plasmare" questa matrice. Le nostre percezioni, i nostri pensieri e le nostre intenzioni non sono passivi, ma attivamente coinvolti nella creazione della realtà che sperimentiamo.

Fenomeni come le apparizioni, gli apporti o materializzazioni richiedono un grado eccezionalmente alto di coerenza e organizzazione della coscienza (ovvero ad alto grado di sintergia), o addirittura anche una sintergia tra più coscienze. Una tale condizione permetterebbe una "distorsione" o "modulazione" della matrice pre-spaziale sufficientemente potente da manifestare apparizioni od oggetti.

Ci sono profonde analogie concettuali tra le teorie di J. Grinberg ed il fisico D. Bohm: entrambe le teorie, nonostante le loro diverse origini e terminologie specifiche, convergono sull'idea di un campo sottostante, interconnesso e informazionale con cui la coscienza interagisce attivamente, sfidando le assunzioni fondamentali del riduzionismo e della realtà oggettiva.

Il ponte si estende anche alla psicologia analitica di C. G. Jung (immaginazione attiva ed inconscio collettivo).

J. Grinberg, infatti, sosteneva che le immagini (interne) generate dalla coscienza possono avere un impatto diretto sulla realtà fisica. Se la coscienza è in grado di generare un campo neuronale che plasma la matrice pre-spaziale, allora un'immagine sufficientemente chiara, intensa e coerente (ovvero ad alto grado di sintergia) potrebbe teoricamente "materializzarsi".

Connettere i puntini (tra un neuroscienziato, un fisico ed uno psicologo) ci permette di intravedere ciò che si nasconde oltre il velo della realtà: l'unità olografica universale, collettiva, non-locale




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Tuesday, 17 June 2025

Alla Ricerca del Sublime

Etimologia

Il termine "sublime" deriva dal latino sublimis (o sublimus), composto da sub ("sotto", ma con un'accezione di "dal basso verso l'alto") e limen ("soglia"). Il significato originario era quindi "che giunge fin sotto la soglia più alta", suggerendo un'idea di elevazione, di qualcosa che si protende verso l'alto, che supera un limite.

Significato

Il significato di "sublime" si è evoluto nel tempo, pur mantenendo un nucleo di concetti legati all'eccellenza, alla grandezza e all'impressione profonda.

In un'accezione più specifica e filosofica, specialmente a partire dal Settecento, il sublime viene distinto dal "bello". Mentre il bello è associato a ciò che ha armonia, ordine, misura e suscita un piacere sereno, il sublime è legato a qualcosa di grandioso, smisurato, potente, persino terrificante, che può generare un misto di piacere e sgomento, un senso di inadeguatezza della ragione di fronte all'infinità o alla potenza schiacciante, ma al contempo un'elevazione dello spirito che riconosce la propria libertà e trascendenza.



Movimenti Culturali Associati

Il concetto di sublime ha avuto un'importanza fondamentale in diversi movimenti culturali, in particolare a partire dal XVIII secolo:

  1. Antichità Classica: Sebbene il termine "sublime" come categoria estetica autonoma si sia sviluppato pienamente in età moderna, le sue radici si trovano già nell'antichità. Il trattato Sul Sublime di Longino (autore del I secolo d.C. o III secolo d.C., la cui identità è incerta) è il testo di riferimento. Per Longino, il sublime nell'eloquenza e nella poesia è quella "grandezza e dignità" che suscita nel lettore o nell'ascoltatore un'elevazione, un'estasi, un senso di meraviglia e ammirazione. Si manifesta attraverso l'intensità delle passioni, la nobiltà del pensiero e la maestosità dello stile.
  2. Preromanticismo (XVIII secolo): È in questo periodo che il concetto di sublime acquista una nuova centralità e viene teorizzato in opposizione al bello. Figure chiave sono:
    • Edmund Burke: Nel suo saggio A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful (1757), Burke distingue nettamente il sublime dal bello. Il sublime, per Burke, è associato a sensazioni di dolore, pericolo, infinità, grandezza schiacciante e oscurità, che, se non portano a un danno effettivo, generano un "piacere negativo" o "terrore dilettevole". La contemplazione di fenomeni naturali imponenti (montagne, tempeste, abissi) o di opere d'arte che evocano tali sensazioni (come il Paradise Lost di Milton) è l'ambito privilegiato del sublime.
    • Gotthold Ephraim Lessing: Anche Lessing contribuì al dibattito, seppur con sfumature diverse, nel contesto della critica d'arte.
  3. Romanticismo (XVIII-XIX secolo): Il sublime diventa una categoria estetica centrale per i Romantici.
    • Immanuel Kant: Nella sua Critica del Giudizio (1790), Kant approfondisce la distinzione tra bello e sublime. Per Kant, il bello è legato alla forma e alla finalità dell'oggetto che genera un piacere disinteressato. Il sublime, invece, si manifesta di fronte a ciò che è smisurato, informe, potentissimo, e che eccede le capacità della nostra immaginazione di comprenderlo. Tale esperienza, pur suscitando inizialmente un senso di impotenza (sublime matematico, legato alla grandezza infinita) o timore (sublime dinamico, legato alla potenza irresistibile della natura), porta a una riscoperta della superiorità della nostra ragione e della nostra libertà morale sulla natura sensibile, generando un sentimento di rispetto e ammirazione. È un'esperienza che ci riconcilia con la nostra finitezza e al contempo ci eleva al di sopra di essa.
    • Artisti Romantici: Il sublime permea l'arte romantica, in particolare nella pittura di paesaggio. Artisti come Caspar David Friedrich (Viandante sul mare di nebbia) e J.M.W. Turner rappresentano paesaggi imponenti, tempeste, naufragi, vulcani, esaltando la piccolezza dell'uomo di fronte alla magnificenza e alla potenza travolgente della natura. Anche in letteratura, poeti come Byron, Shelley e Leopardi esplorano temi legati all'infinito, alla grandezza della natura e alla condizione umana di fronte ad essa.
  4. XX Secolo e Oltre: Sebbene il concetto di sublime abbia perso la sua centralità dominante nell'estetica contemporanea, ha continuato a essere oggetto di riflessione.
    • Jean-François Lyotard: Nel tardo Novecento, filosofi come Lyotard hanno ripreso il concetto di sublime kantiano per esplorare le problematiche dell'arte contemporanea, in particolare l'arte che cerca di presentare l'impresentabile, il non rappresentabile, spingendosi oltre i limiti della rappresentazione tradizionale.

In sintesi, la parola "sublime" ha percorso un lungo cammino dall'idea di "ciò che si innalza" fino a diventare una complessa categoria estetica che esprime un'esperienza al limite tra piacere e sgomento, tra limitatezza umana e grandezza incommensurabile, rivelando al contempo la nostra capacità di trascendere il sensibile e di confrontarci con l'infinito.


...dimentichiamo che siamo divini, che possiamo modificare il corso degli eventi...

(Giordano Bruno)